L’ultimo bufalo delle praterie

Nel romanzo “L’estate incantata”, di Ray Bradbury, Doug (il personaggio principale) e altri bambini scoprono una macchina del tempo che porta solo al passato. Quella "macchina" è il colonnello Freeleigh. I bambini si avvicinano a lui e ascoltano le sue storie sulla guerra di secessione, sui grandi eserciti del nord e del sud o sul massacro dei bufali delle praterie di cui è stato testimone durante i suoi viaggi con Buffalo Bill. In un mondo in continua trasformazione, la macchina del tempo trasportava i bambini con i loro ricordi del funzionamento delle cose in un mondo appena costruito, nuovo, misterioso e, si potrebbe dire, puro.

Anch'io ho la mia propria macchina del tempo. La frequento spesso, anche se preferisco vederla nei giorni in cui lei può avere tutto il pomeriggio libero. Mi apre la porta con i suoi passi sorridenti e misurati, mi invita ad andare a bere un po' di caffè distillato nella sua caffettiera bianca di ferro smaltato. Mi siedo al tavolo con lei. Mia nonna prende il primo sorso caldo della sua tazza e poco a poco torniamo al passato.

Mia nonna conobbe un mondo diverso, un mondo che per me ha l'odore del Natale, di un regalo appena scartato: cucinare il pranzo in una cucina a kerosene, viaggiare nei tram di La Paz, preparare il pane nell'unico forno del quartiere, viaggiare attraverso una Bolivia con strade appena in costruzione, vincere epidemie di morbillo che avevano decimato i bambini, vedere mia madre che impara ad andare in triciclo, attraversare il lago Titicaca con barca a remi, viaggiare nei primi aerei dei “ganaderos”, allevatori che portavano la carne dalle fattorie dell’Amazzonia fino alle città, assistere a rivoluzioni e colpi di stato, vedere i morti della guerra del Chaco, usare banconote di un milione di pesos… Un intero paese che non esiste più, che è scomparso insieme al passare del tempo e alla crescita degli edifici.

E presto arriverà il mio turno. Non so se mia figlia ricorderà di aver visto le lucciole che popolavano i giardini di Cochabamba, o se il telefono a rotelle sarà qualcosa di più che un oggetto d’antiquariato. Se le radio continueranno a trasmettere. Se i vecchi collettivi continueranno a transitare la calle 25 de Mayo. Se il mio mondo per lei odora di libro nuovo o di canfora.

Quello che mia nonna conobbe finirà nel momento in cui il cuore della sua macchina del tempo smetterà di funzionare. Per me significherà la scomparsa della metà delle persone che popolano la mia propria memoria. Il mondo avrà dimenticato la sua infanzia e la memoria diventerà solo storia, a meno che non sia anch'io una macchina del tempo che porta tra i suoi ingranaggi ogni ricordo della vita di mia nonna. Sarò un ponte che conduce da una macchina all'altra, da un mondo all'altro, per tornare a un tempo remoto in cui non era ancora morto l'ultimo bufalo delle praterie.

Ecco qui un ritratto di Buffalo Bill che ha lo sguardo di qualcuno che, se dovesse scegliere fra la vita e la morte, avrebbe scelto l'America.


Ho scritto questo testo tanti anni fa per la rivista Punto Aparte. Molte cose sono cambiate da allora. Ho con me la caffettiera bianca, e la macchina del tempo ora sono io.

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