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Visualizzazione dei post da agosto, 2020

Il tempo che non c'è

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Diventare madre è come attraversare un portale dimensionale: è un fatto tanto grande che cambia completamente la vita di una donna senza ritorno. Ma se è difficile diventare madre, c’è qualcosa che può esserlo ancora di più: diventare madre di un bambino disabile. Valeria Parrella parte da questa idea per immergerci nei pensieri di una mamma che riceve, poco dopo la nascita del piccolo Arturo, le prime diagnosi di disabilità dovute a sofferenza fetale durante il parto, e poi vengono anche rilevati dei tratti autistici. Il libro (non la storia) inizia con la prima giornata di scuola alle elementari. Questo fatto, che dovrebbe essere un momento di gioia e speranza, per la voce narrante, la madre, non lo è: si tratta invece di un momento di angoscia e paura. Il libro Tempo di imparare ( Einaudi ), di Valeria Parrella , è ben scritto: si nota la bravura della scrittrice nella fluidità con cui si può leggere… ma  - lo confesso - mi sono sentita molto a disagio. Sono autistica. Ho ricevuto

I mille volti di Caino

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Quando ho deciso di lasciare Bolivia e venire in Italia, due anni fa, ho sentito che stavo facendo una specie di salto di fede: dovevo fidarmi del caso, della fortuna, e lasciare tutta una vita indietro. E ho pensato tanto alla moglie di Lot. È inevitabile: la storia della donna che, per guardare indietro, diventa una statua di sale, è un'immagine potente, una storia condivisa da tutti quelli che lasciano il proprio paese e rincominciano da zero.  È inevitabile, per me, cresciuta in una famiglia cattolica e credente, non fare un riferimento ogni tanto ai personaggi della Bibbia, in particolare quelli del Antico Testamento - anche se sono atea. I personaggi e storie bibbliche offrono infinite letture, interpretazioni  e schieramenti. Un esempio di questo è la storia di Caino. Primogenito del primo uomo, poche cose si raccontano nella Bibbia su di lui, eccetto che è diventato il primo assassino dell'umanità, uccidendo il fratello Abele.  Proprio per l'assenza di una storia, i

Rumore

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All'inizio dell'anno ho avuto un burnout. Stavo lavorando da un bel po’ in una cucina industriale, un burger, dove il tempo conta, eccome: tutto funzionava con timer, allarmi, tempi stretti e procedure standardizzate. Il mio contratto era di 18 ore a settimana, ma normalmente facevo circa 40 ore con turni che potevano iniziare alle sette del mattino e terminare alle cinque e mezzo del mattino seguente. Ero diventata abbastanza brava, ma mi sentivo tanto stanca che non ero in grado di leggere, di scrivere, e nemmeno di pensare. C'era troppo rumore nella mia testa. Ogni giorno piangevo mentre andavo al lavoro, piangevo durante il lavoro e piangevo al ritorno dal lavoro. Quando dormivo, sognavo che piangevo mentre lavoravo. Avevo la sensazione di essere abitata da qualcun altro, che non ero io, e che stava combattendo contro di me. Ho chiesto aiuto al medico di famiglia. Mi ha suggerito di prendere alcune pillole, ansiolitici e antidepressivi, in ​​dosi minime per poter contro