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Visualizzazione dei post da aprile, 2021

Prologo di Bianco, a cura di Claudio Cinti

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  Se “il verde non è un colore” – come afferma un impressionante titolo della letturatura boliviana contemporanea (Blanca Wiethüchter, El verde no es un color , La Paz 1992, 2004) – apparirà dunque lecito, in limine a quest’altro titolo impressionante proveniente dal medesimo spazio-tempo letterario, interrogarsi intorno a una questione analoga. È Bianco di Cecilia De Marchi Moyano ( Blanco , Cochabamba 2015) il fenomeno di un colore come tutti gli altri? È un elemento della sua strumentazione compositiva? È soltanto una “tavola” – come il testo sembra suggerire sin dalle prime righe – o è anche il risultato di un innesto prodottosi sulla “tavolozza” dell’autrice, che anticipa e predispone quel complesso atto pittografico che usiamo chiamare, per brevità, con il nome di scrittura? A questi interrogativi che interpellano colei che si propone di rispondere, pagina dopo pagina, con brevità certamente deliberata e programmatica, realizzando materialmente quell’atto – “perché tutto abbia u

Statua di sale

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  foto: @Shutterstock Non sono venuti degli angeli. Nessun dio mi ha ordinato di fuggire. Vorrei essere io chi ha in mano la spada e il fuoco per distruggere il mio vecchio mondo. Ho fatto con cura le valigie. Ho lasciato fuori il mio presente e messo un libro di grammatica. Ho preso un biglietto senza ritorno. Ogni sera, ogni notte prego per avere la forza di non voltarmi, di non guardare la mia terra. Lascio il sale uscire e piango per non diventare una statua.