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Visualizzazione dei post da ottobre, 2020

Nostalgia per gli scarti

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Quando andavo alle superiori, in Bolivia, avevo un amico chiamato Percy che viveva in un palazzo in costruzione. Lui abitava all'ultimo piano, in una specie di appartamento che aveva soltanto i muri esterni (con vetri e porte) ma non i muri interni. Lui aveva creato dei muri, delle stanze e degli spazi usando dei vecchi vinili. Aveva, tra l’altro, creato le stanze usando dei criteri di selezione per genere musicale. La cucina era la zona dei dischi country, il soggiorno tapezzato dal rock progressivo, il salotto custodito tra pareti di pop e folk. Il bagno riservato agli artisti che odiava. Aveva una passione immensa per la musica (infatti, adesso ha uno studio proprio); ma aveva anche una forte manìa per la conservazione degli scarti. A casa sua facevamo scoperte musicali inaspettate. I dischi li prendeva a peso dai depositi di rimanenze di uno studio locale, “Lauro & Cia.”, e non sapeva neanche lui cosa e chi c’era tra gli album ricevuti. Apriva i pacchi e si trovavano insie

Bambini di ferro

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“La mente umana è come i buchi neri, si può osservare solo attraverso i suoi risultati” (Viola Di Grado) Quando sono arrivata in Italia avevo l’impressione di essere passata attraverso una porta dimensionale ed essere entrata nel futuro, nei mondi di fantascienza che popolano i libri che amo. Porte che si aprono da sole, supermercati senza cassieri, tutto a un bancomat di distanza, prenotazione online, il registro di residenza, strade con tanta gente vecchia e quasi nessun bambino: queste cose non esistono nel mio Paese. Sono così diverse dalla realtà boliviana che fin'ora mio marito non se l'è sentita di entrare in un supermercato a meno che non ci fosse una cassiera o una persona con la quale interagire. Tutto sembra lontano, robotico, sintetico. In un certo senso ho provato lo stesso con la lettura di “Bambini di ferro” , di Viola Di Grado ( La nave di Teseo ). È un libro strano, stranissimo. Pieno di vuoto, di silenzi e ripetizioni, con un ritmo lento e a volte monotono, c

Scarpe scomode

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Ho provato più volte a scrivere una recensione sul libro Il treno dei bambini di Viola Ardone ( Einaudi ) e non trovo il modo di affrontarlo.  Ho trovato bellissima la storia stessa, l’umanità di chi decide di aprirsi verso chi ha bisogno. È ammirevole il lavoro fatto dall’Unione delle Donne Italiane e dal Partito Comunista, ed è qualcosa che l’autrice ci tiene a sottolineare. È meravigliosa la storia di queste persone che hanno dato il meglio di sé e delle loro vite per aiutare chi ne aveva bisogno, accogliere i piccoli del sud creando reti di solidarietà e generosità. È qualcosa che dev’essere riconosciuto e ricordato. La storia di Amerigo, il personaggio principale, è commovente e molto ricca di dettagli, come per esempio quando si parla di scarpe e dell’angoscia di chi ha usato sempre scarpe troppo lunghe, troppo strette, troppo usate, che poteva funzionare anche come una metafora della sua vita. Ma il libro come insieme non mi è piaciuto. Non mi ha convinto. Ecco perché: Il narr