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Visualizzazione dei post da febbraio, 2019

Contro il cyberattivismo

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Non ha senso cercare di convincere qualcuno nei social network. Dovremmo averlo accettato ormai. Le reti ci hanno dato un modo potente di pubblicare informazione, ma non di dialogare. Vediamo solo scorci delle reazioni che possiamo generare, ma ci sono già alcune tendenze che dovremmo riconoscere. Sappiamo che nelle reti si formano camere di risonanza. Gli algoritmi delle reti tendono a mostrarci di più ciò con cui interagiamo. Prima di tutto, ci mostrano di più ciò con cui siamo fortemente d'accordo. Sentiamo di condividere la visione e la prospettiva di molte persone, dandoci la sensazione di dire cose profonde e condivise dalla maggioranza. Ma in secondo luogo vediamo quelli con cui siamo radicalmente in disaccordo, perché interagiamo molto con questi account per mettere i nostri commenti, punti di vista e critiche, lasciando fuori dal radar le letture della realtà più moderate e realistiche. Siamo l'altoparlante di quello che ci indigna. D'altra parte, abbiamo tutti del

Carlos Rioja: una storia di eroismo

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In una piccola libreria di libri usati a Cochabamba ho trovato l'opuscolo "La fiebre hemorrágica en San Joaquín", un’autobiografia romanzata di Carlos Rioja Ortega . Rioja è un riconosciuto poeta del Beni, regione amazzonica boliviana; in questo libro racconta la sua esperienza come direttore dell'ospedale del paese di San Joaquín durante l'epidemia della febbre emorragica boliviana, alla fine degli anni '50. Quando fu nominato direttore dell'ospedale, l'epidemia era già iniziata. Era una malattia feroce: aveva una mortalità di circa il 60% dei malati. Rioja racconta di aver scritto al ministero della salute "richiamando l'allarme e chiedendo una risposta urgente"; ma il governo negava sistematicamente l'aiuto, pubblicando notizie sulla stampa con titoli come "Falso allarme a San Joaquín" e dicendo che "gli agenti dell'opposizione a San Joaquín cercano di screditare il governo della Rivoluzione Nazionale".

La farfalla

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Tornavamo da scuola con Matilde quando abbiamo incontrato una farfalla sul pavimento. Era coperta di formiche. La farfalla sbatteva le ali cercando di liberarsi dell’attacco delle piccole divoratrici. Matilde mi chiese "aiutala, mamma!". Le risposi che era tardi. Le sue ali erano già danneggiate e non poteva volare. Le dissi che potevo solo alzarla, ma non salvarla. Allora Matilde la schiacciò. Poi, a casa, pianse tutta la sera.