Bambini di ferro


“La mente umana è come i buchi neri, si può osservare solo attraverso i suoi risultati”
(Viola Di Grado)

Quando sono arrivata in Italia avevo l’impressione di essere passata attraverso una porta dimensionale ed essere entrata nel futuro, nei mondi di fantascienza che popolano i libri che amo. Porte che si aprono da sole, supermercati senza cassieri, tutto a un bancomat di distanza, prenotazione online, il registro di residenza, strade con tanta gente vecchia e quasi nessun bambino: queste cose non esistono nel mio Paese. Sono così diverse dalla realtà boliviana che fin'ora mio marito non se l'è sentita di entrare in un supermercato a meno che non ci fosse una cassiera o una persona con la quale interagire. Tutto sembra lontano, robotico, sintetico.

In un certo senso ho provato lo stesso con la lettura di “Bambini di ferro”, di Viola Di Grado (La nave di Teseo). È un libro strano, stranissimo. Pieno di vuoto, di silenzi e ripetizioni, con un ritmo lento e a volte monotono, con una narrazione nuda e come preghiera. Ogni tanto ci sono elenchi di oggetti, normative, detriti, pensieri. Il libro ci porta verso un Giappone del futuro, freddo, spoglio, dove l’intelligenza artificiale e i robot sono responsabili della cura e dell’attenzione dei bambini. O magari si tratta di una lettura del presente? Alla fine, vedere un bambino che parla con la sua Siri o Alexa non è qualcosa di strano, è invece una realtà, una modalità d’interazione con una forma di intelligenza artificiale. 

Anche se è un libro lento e ripetitivo, l’ho amato particolarmente perché permette molte interpretazioni. I “bambini di ferro”, bambini che non rientrano nel funzionamento normale, mostrano una serie di comportamenti che possono essere riconducibili ad alcune condizioni psicotiche come nel caso della schizofrenia o disturbo bipolare, ma anche all’autismo o altre tipologie di condizioni e disturbi mentali. Per chi ha queste difficoltà di suo, capire i rapporti sociali e la realtà nel modo in cui  le persone neurotipiche sono capaci di capire è una sfida immensa che molti cercano di superare attraverso l’imitazione dei comportamenti considerati adeguati, cosa che Yuki, il personaggio centrale, fa di continuo, nascondendo le proprie particolarità. Ma queste differenze, queste diverse interpretazioni della realtà, sono anche il fondamento stesso dell’esperienza umana, sono la materia principale di cui si nutre la creatività. 

Viola Di Grado mostra una grande conoscenza della cultura giapponese e del buddismo. Ma mostra anche una versione del mondo che può essere più vicina alla realtà di quello che pensiamo, un futuro che non lasci spazio alle differenze e, con ciò, che non lasci spazio all’umanità stessa.

Commenti

Rene ha detto…
Mi piace. Complimenti